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Donne e Università

In occasione della Giornata Internazionale della Donna che celebra le conquiste raggiunte dal genere femminile in ambito sociale, economico e politico, Casa dello Studente propone una riflessione sui progressi che le donne si sono guadagnate negli anni in ambito scolastico.
Se oggi, infatti, tutti gli studenti, a parità di genere, hanno il lusso di poter scegliere quale facoltà di studi frequentare all’Università, va  riconosciuto che non è sempre stato così e che, anzi, per le donne quello all’istruzione superiore e universitaria è un diritto raggiunto con fatica e che, come tale, non va dato per scontato.

La possibilità di accedere all’Università venne riconosciuta anche al genere femminile grazie al Decreto Regio del 3 ottobre 1875 che, tuttavia, non entrò completamente in vigore fino al 1883: fino ad allora, per quasi dieci anni, le donne videro ripetutamente respinte le loro domande di iscrizione agli Atenei. Ben presto però, appena furono concesse, le iscrizioni rosa alle Università aumentarono in modo esponenziale tra il 1900 e il 1914, nonostante il titolo di studio non costituisse ancora requisito sufficiente per garantire l’accesso delle donne alle professioni per cui avevano studiato, come dimostra il caso dell’avvocatessa Lidia Poët che ha ispirato la recentissima miniserie omonima su Netflix.
Dopo tanti decenni dal raggiungimento del diritto allo studio superiore e Universitario da parte del mondo femminile, qual è oggi la situazione in Italia circa l’istruzione delle donne?

Secondo i dati Istat relativi al 2021, le donne nel nostro Paese sono più istruite rispetto agli uomini ma restano comunque meno occupate (Boschetto, Candiello, Cortesi, Fignani; 2011), anche se il divario di genere diminuisce al crescere del livello del titolo di studio: le laureate in Italia costituiscono il 23,1% della popolazione, a fronte del 16,8% dei laureati maschi, mentre le donne che trovano occupazione costituiscono il 55,7% della popolazione con titolo di studio, rispetto al 75,8% degli uomini, divario che si riduce di 7,3 punti nel caso di istruzione universitaria (78,3% vs 85,7%). I dati Ustat raccolti dal Miur che confrontano il numero di iscritti all’Università e quello dei laureati, tra il 2017 e il 2022, evidenziano come il numero di studentesse che si sono immatricolate all’Università sia maggiore rispetto a quello degli studenti e in continua crescita: da 939.146 ragazze iscritte su un totale di 1.695.761 nell’anno accademico 2017/2018 (di cui laureate 187.103 su 328.120) a 1.028.829 su 1.822.141 nell’anno accademico 2021/2022 (di cui laureate 211.907 su 370.758). Sembra che le donne siano, inoltre, anche più brave degli uomini negli studi, poiché in media ottengono un voto di laurea più alto (103,07 contro un 102,0
per il genere maschile) e hanno una carriera universitaria più regolare rispetto ai coetanei maschi, concludendo gli studi nei tempi previsti nel 51,3% dei casi rispetto al 47,7% degli uomini (AlmaLaurea, 2021). Le donne, inoltre, proseguono con maggiore probabilità rispetto agli uomini gli studi post-universitari con master e dottorati di ricerca (Noè, 2011).

Tra i fattori che sembrano spiegare tale differenza di genere in relazione al successo accademico emergono il fatto che le studentesse sembrano adattarsi meglio alle richieste del sistema universitario, attraverso una frequenza più regolare ai corsi, l’accettazione dei criteri di valutazione, l’aderenza ai modelli di apprendimento, il fatto che il genere femminile sembra essere maggiormente motivato e più disponibile all’impegno costante per il raggiungimento degli obiettivi accademici, il fatto di avere maggior desiderio rispetto ai coetanei maschi di concludere il percorso accademico entro i tempi previsti (Monaci, Trentin, Nunia; 2012).

Per decenni, anche la scelta del tipo di percorso universitario da intraprendere da parte delle donne ha risentito della tradizionale concezione stereotipata del lavoro femminile, pensato e trasmesso dalla cultura sociale come lontano da scienza e tecnica. Di recente, però, ha subìto un importante aumento il numero di studentesse iscritte a Facoltà prettamente tecnico-scientifiche come ingegneria, ambito in cui, se intrapresa la carriera accademica, le donne sembrano raggiungere ruoli di maggior rilievo rispetto alle coetanee che scelgono la carriera accademica in Facoltà umanistiche, poiché più giovani e avvantaggiate dalle trasformazioni culturali e sociali (Giannini, De Feo; 2008). Nonostante ciò, dal punto di vista delle differenze di genere, emerge ancora una maggiore inclinazione delle donne alla scelta di professioni altruistiche e una maggiore inclinazione degli uomini alla scelta di carriere accademiche che li portino a lavori in cui è possibile un guadagno maggiore e un maggiore successo lavorativo (Monaci et al., 2012).
Dati raccolti da AlmaLaurea, sia nel 2020 che nel 2021, confermano che la maggior parte delle studentesse si dedica ancora a percorsi universitari legati a materie umanistiche e di cura, nello specifico il 90% di loro sceglie percorsi formativi che portano alla carriera dell’insegnamento, l’80% sceglie corsi di lingue e psicologia, il 68% sceglie il percorso in lettere. Tuttavia, dati recenti dimostrano che è in atto un importante cambiamento di tendenza circa gli ambiti di studio più scelti dalle donne, grazie all’impatto dei cambiamenti
sociali e culturali degli ultimi decenni. Negli ultimi anni, infatti, le donne stanno intraprendendo percorsi formativi sempre più simili a quelli dei coetanei maschi in termini di scelta delle discipline universitarie, uscendo dal tracciato della tradizionale concezione del lavoro femminile, più umanistico e di cura, prediligendo invece sempre di più la scienza e la tecnica, risentendo dell’influenza delle innovazioni e dei mutamenti che si verificano in ambito sociale, economico, tecnologico e culturale, pur risultando ancora in minoranza rispetto ai coetanei maschi nelle cosiddette STEM, le facoltà scientifiche come scienze, tecnologia, economia, matematica, dove le studentesse costituiscono solo il 40,2% (AlmaLaurea, 2021). Il tipo di scelta formativa, secondo le analisi condotte da AlmaLaurea, sarebbe riconducibile a differenze di genere nelle aspettative future relative al mercato del lavoro, ma anche alle diverse inclinazioni, preferenze e ai valori trasmessi da cultura e società. Un’analisi dati condotta all’Università Ca’ Foscari evidenzia come l’incremento della presenza femminile sia costante anche in ambito della carriera Universitaria nel ruolo di docenti e ricercatori, tuttavia, troppo lento per raggiungere quella maschile in breve tempo, soprattutto nelle discipline scientifiche e tecnologiche (Frattini, 2011).

Per valorizzare il ruolo del genere femminile nell’ambito scientifico e per incentivarne la presenza, l’11 febbraio scorso è stata celebrata in diversi Atenei la Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, un’occasione dedicata a studentesse ma anche a ricercatrici e docenti che frequentano i dipartimenti STEM per contribuire ad abbattere gli stereotipi di genere e per diffondere la concezione che molte scoperte in ambito scientifico e tecnologico sono dovute proprio alle donne. Tale ricorrenza è stata istituita nel 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sfatare i miti e combattere i pregiudizi sul ruolo e le possibilità di accesso delle donne alla scienza, un modo per promuovere il progresso e la parità di genere in tale ambito.

In sintesi, il genere femminile ha faticato non poco prima di vedere riconosciuto il proprio diritto allo studio e alla formazione ma oggi, a meno di un secolo dal loro primo accesso all’Università, le donne costituiscono la maggior parte della popolazione tra gli iscritti ai vari Atenei e anche la maggior parte della popolazione che si laurea ogni anno, indipendentemente dalle facoltà di appartenenza. La loro frequentazione a corsi di studio che, nella concezione comune sono visti come tipicamente maschili, sta aumentando in modo esponenziale negli ultimi decenni, dimostrazione del fatto che la società moderna sta cambiando, così come i valori e le concezioni culturali, secondo cui ora una donna può diventare insegnante, psicologa, infermiera ma anche ingegnere, matematico, medico.
Ancora molto c’è da fare, a livello culturale e strutturale, per fare in modo che anche il numero di donne che trovano posto nel mondo del lavoro aumenti tanto quanto il loro accesso alla formazione universitaria ma il cambiamento, seppur ancora lento e graduale, in termini di scelta della facoltà di studi, da quelle umanistiche a quelle più scientifico-tecnologiche, lancia un importante segnale di possibile cambiamento.

Con l’obbiettivo di aiutare ragazzi e ragazze a scegliere liberamente, senza condizionamenti socio-culturale e seguendo le proprie passioni e inclinazioni, Casa dello Studente propone diversi servizi di Orientamento Scolastico fra cui Universando, un percorso di consulenze per la scelta del percorso universitario.

Anna Novello, Responsabile di Filiale e Referente dell’Orientamento Scolastico

 

FONTI
AlmaLaurea; 2021. Indagine Gender Gap 2021.
Boschetto E., Candiello A., Cortesi A., Fignani F.; 2011. Donne e tecnologie informatiche. Scienza e Società n.1.
Frattini F.; 2011. Le donne all’Università di Ca’ Foscari, un percorso tormentato: dati e problemi. Università di Ca’ Foscari
Giannini M., De Feo A.; 2008. Donne e carriere nel campo accademico. Il caso di ingegneria all’Università di Napoli. Economia e Lavoro, pp.45-61.
Monaci M.G., Trentin R., Nunia G.; 2012. Donne all’Università: adattamento psicosociale e motivazione al risultato. Psicologia Sociale n.3.
Noè C., 2012. Genere e scelte formative. AlmaLaurea Working Papers n.54.
Portale Miur. Dati USTAT 2017-2022.

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