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Lo studente terrorizzato

È frequente entrare in relazione con studenti che hanno il “panico da esame”. Chi non ha mai provato timore all’idea di essere interrogato, di andare alla lavagna o alla cattedra, oppure di parlare in aula al cospetto del “terribile” professore e di fronte ai compagni? L’ansia e l’agitazione sono emozioni utili a qualsiasi performance scolastica, fino a che non bloccano la prestazione. Si può affermare che l’ansia d’esame diventa un problema quando assume alcune particolari caratteristiche.  L’idea di dover  sostenere un esame è associata ad  intensi sintomi di ansia, preoccupazione, pensieri o immagini “catastrofici” il cui contenuto può, ad esempio, riguardare l’essere bocciati, fare una figuraccia, fare scena muta, avere una crisi di panico, scappare all’ultimo momento, sentirsi falliti, umiliati, difettati o deludere gli altri.

Gli stimoli che evocano terrore sono i momenti dell’interrogazione, dell’esame scritto o orale, del compito in classe e delle domande del professore in aula. Anche il semplice anticipare mentalmente una di queste situazioni sortisce gli stessi effetti terrorizzanti del viverla. Si possono avere somatizzazioni come disturbi gastrointestinali, mal di testa, dolori aspecifici, svenimento, capogiri, tachicardia, fitte al petto. Lo studente può trasformarsi in una tabula rasa: non ricorda, non sa più niente, sente di non essere in grado di parlare o esporre quanto studiato. La paura può essere più o meno acuta a seconda dei contesti e delle situazioni d’esame; è tipico considerare più terrorizzante l’esame orale di quello scritto; l’interrogazione vis a vis con il docente è diversa che in gruppo; l’interrogazione programmata è ben differente da quella a sorpresa. La reazione più naturale di fronte alla paura è spesso l’evitamento; l’esame, l’interrogazione, il compito si saltano per dei malesseri che colpiscono inspiegabilmente lo studente il giorno dell’interrogazione o del compito in classe, costringendolo a rimanere a casa, a fuggire dall’aula qualche minuto prima di essere chiamati, oppure “vagabondare” per le strade della propria città in orari scolastici. L’evitamento spesso è una reazione a esperienze d’esame vissute come traumatiche e di cui lo studente mantiene vivo il ricordo: un’interrogazione imbarazzante, un esame fallito diverse volte, ecc. La paura dell’esame, dell’interrogazione sono fenomeni soggettivi: è possibile superarli solo in prima persona, più se ne parla più si complica, per cui è dannoso chiedere rassicurazioni continue ai compagni, ai genitori ecc. È ugualmente dannoso pensare di gestire e sedare l’ansia con sostanze e/o farmaci; lo studente può utilizzare sostanze con l’obiettivo di rassicurarsi (acquisire maggior coraggio nell’affrontare la situazione ansiogena dell’esame o dell’interrogazione) o di migliorare le proprie capacità cognitive (essere sicuro di riuscire a ricordare, sentirsi più lucido). Delegare a una sostanza aumenta l’insicurezza e diventa il viatico per un sicuro insuccesso.

Gli studenti spesso sono consapevoli che la loro paura è irrazionale o, quanto meno, esagerata, tuttavia non riescono a liberarsene. Paradossalmente, il fatto di essere consci di esagerare il “pericolo” legato all’esame li espone ad ulteriori sofferenze che derivano dalla considerazione di essere diversi dagli altri, di essere più fragili, di essere dei falliti, di non  poter raggiungere traguardi ambiziosi, di deludere gli altri; queste “riflessioni” possono compromettere l’autostima, innescare vissuti di inadeguatezza a cui spesso si accompagnano sentimenti di vergogna, autosvalutazione  e depressione. Nei casi più gravi l’ansia d’esame può spingere la persona abbandonare gli studi nonostante le rilevanti potenzialità. L’ansia d’esame può influire in maniera significativa sulla qualità della vita della persona e questo deve far riflettere circa l’importanza di un trattamento psicoterapeutico efficace.

A cura della Dott.ssa Elisa Fedriga, psicologa e psicoterapeuta Casa dello Studente

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